Al fine di garantire una corretta procedura di bonifica siti contaminati è necessario rispettare quanto previsto dalla normativa di riferimento, ovvero il Titolo V della Parte Quarta del D.Lgs. 3 aprile 2006 numero 152.
L’ambito di applicazione di questa normativa comprende i siti contaminati ed esclude invece l’abbandono dei rifiuti e gli tutti gli interventi di bonifica che sono disciplinati da leggi speciali.
In questo articolo ti spiego quali sono le fasi della procedura di bonifica di siti contaminati previste dalla legge e le varie tipologie di intervento.
Sito potenzialmente contaminato e sito contaminato: quali sono le differenze?
L’articolo 240 da una definizione di sito potenzialmente contaminato, sito non contaminato e sito contaminato, introducendo criteri di distinzione ben precisi che permettono di individuare le procedure amministrative ed operative da seguire.
Un sito viene definito contaminato quando vengono superate le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): se questi livelli vengono superati è necessario eseguire un’analisi di rischio del sito per definire i CSR, ovvero le concentrazioni soglia di rischio.
Le CSR rappresentano sia i livelli di contaminazione, che se superati rendono necessaria la bonifica del sito, sia i valori obiettivo della bonifica stessa.
Possiamo dire che un sito viene definito contaminato quando l’analisi di rischio genera valori delle CSR che superano le soglie predefinite; il sito viene definito invece potenzialmente contaminato quando vengono superate le soglie di CSC definite nell’Allegato 5 del decreto.
Quando la bonifica è obbligatoria?
L’articolo 242 del decreto il soggetto interessato deve attivare l’attività di bonifica quando si verifica un evento potenzialmente in grado di contaminare un sito o quando esiste un sospetto di una possibile contaminazione.
Il soggetto interessato deve pertanto avviare un’indagine preliminare sui parametri che sono ritenuti responsabili dell’inquinamento.
I risultati ottenuti devono essere confrontati con le CSC previste dall’Allegato 5.
Se si ottengono risultati inferiori il procedimento si chiude, al contrario il sito viene definito potenzialmente contaminato.
Tipologie di intervento di bonifica dei siti contaminati.
L’Allegato 3 al decreto definisce i criteri generali necessari per individuare le tipologie di intervento necessarie in base allo stato di contaminazione del sito.
La norma prevede diverse tipologie di messa in sicurezza della zona:
Messa in sicurezza d’urgenza.
Questa attività iniziale è necessaria per rimuovere le fonti, sia primarie che secondarie, che possono favorire la diffusione delle sostanze tossiche tra la popolazione.
Le principali tipologie di messa in sicurezza sono:
- la rimozione di rifiuti, lo svuotamento delle vasche, la raccolta di sostanze pericolose;
- il pompaggio di liquidi galleggianti sotterranei e superficiali;
- l’installazione di recinzioni ed opere di contenimento;
- le coperture e le impermeabilizzazioni temporanee.
Una volta effettuata la scelta è necessario definire attività di monitoraggio .
Messa in sicurezza operativa.
Comprende tutti gli interventi eseguiti su siti contaminati con attività produttive in esercizio.
Questo tipo di interventi hanno lo scopo di ridurre il rischio per la salute umana ed ambientale attraverso: il contenimento dei contaminanti presenti, la protezione delle matrici ambientali e l’eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie utilizzando tecniche che non ostacolano l’attività produttive nel sito.
Esistono diverse tipologie di messa in sicurezza operativa:
- misure mitigative:
- sistemi di emungimento;
- trincee drenanti;
- sistemi di ventilazione del sottosuolo ed estrazione dei vapori;
- sistemi gestionali di pronto intervento.
- misure di contenimento:
- misure di sbarramento di tipo passivo;
- misure di sbarramento di tipo attivo;
- misure di sbarramento di tipo reattivo.
Messa in sicurezza permanente.
Questa tipologia di interventi viene anche definita “bonifica e ripristino ambientale” e comprende tutti quegli interventi che possono essere realizzati su siti contaminati non interessati da attività produttive in esercizio ma destinati ad uso urbano.
Gli obiettivi di bonifica vengono definiti attraverso l’analisi di rischio che considera la destinazione d’uso del sito.
Possiamo distinguere tre diverse categorie di intervento:
- interventi in-sito: non prevedono movimentazione o rimozione del suolo;
- interventi ex-situ on site: prevedono movimentazione e rimozione dei materiali e del suolo inquinato, con trattamento nell’area del sito stesso per un possibile riutilizzo.
- interventi ex-situ off-site: prevedono movimentazione e rimozione dei materiali e del suolo inquinato fuori dal sito, per avviare i materiali negli impianti di trattamento autorizzati o in discarica.
Attività di bonifica su siti potenzialmente contaminati.
L’Allegato 2 del decreto definisce invece le attività che devono essere eseguite quando si ha a che fare con un sito potenzialmente contaminato.
Le attività previste sono:
- Raccolta dei dati esistenti ed elaborazione di un modello concettuale preliminare;
- Definizione delle attività da svolgere, ovvero: indagini, campionamenti ed analisi sia sul posto che in laboratorio.
- Ulteriori indagini;
- Analisi dei risultati ed elaborazione di un modello concettuale definitivo.
In queste circostanze assumono particolare importanza le attività di campionamento del terreno.
I campioni devono essere definiti tenendo conto di due aspetti:
- è necessario rappresentare la concentrazione di sostanze inquinanti per strati omogenei;
- devono essere prelevati separatamente i materiali che presentano livelli di inquinamento importanti.
I campioni devono essere formati distinguendo:
- il piano campagna;
- la frangia capillare;
- la zona intermedia tra i due campioni precedenti.
Per quanto riguarda le acque sotterranee infine il campione considerato rappresentativo quello dinamico e quello statico, quando è necessario prelevare separatamente sostanze che non possono essere mischiate.