Disabili ed educazione sessuale: il ruolo dell’informazione in Italia ed all’estero
Partiamo da una tesi: per chi non vive in prima persona la questione, sesso e disabilità non hanno mai fatto rima. E cerchiamo di dimostrarla. Facciamolo insieme.
Proviamo anzi a fare un piccolo esperimento, una breve ricerca su Internet, accostando la parola sessualità alla parola disabilità. Fatto? Benissimo!
Qualsiasi motore di ricerca avrete utilizzato, vi avrà restituito una serie di risultati: studi accademici, studi anatomici, studi statistici o psicologici, qualche petizione in favore dei lovegiver assistenti per il sesso e la disabilità che in Italia non esistono, qualche forum in cui genitori disperati lanciano SOS che nessuno è capace di cogliere.
I termini usati sono: “diritto alla sessualità dei disabili” (e ci mancherebbe) da conquistare, “questione civile” da superare, “barriere” da valicare, “pregiudizi persistenti” da cancellare, “prospettive di studio” da approfondire… insomma nel migliore dei casi, quando si parla di disabili e sessualità (e in Italia se ne parla ancora troppo poco), lo si fa al futuro e in termini medico – legali. Nulla, naturalmente, che abbia a che fare con la prevenzione e l’educazione sessuale dei disabili.
Sessualità e Disabili: A Confronto l’informazione in Italia ed all’ Estero
Ma andiamo avanti. Ripetete ora la ricerca in lingua inglese: sessualità e disabilità, sexuality + disability. Ecco spuntare sul vostro browser video anche molto esplicativi, siti su come ottenere sussidi e affrontare corsi specifici per l’assistenza sessuale ai disabili. Anche testi diretti, che dicono come stanno i fatti e, se sei un disabile, ti suggeriscono cosa fare.
“Siamo franchi. Chi vorrebbe – si legge sul sito svedese dell’Independent Living Institute – passare la vita con un malato? La prima cosa che devi imparare, è curare la tua autostima. E dunque il tuo sex appeal”.
E ancora: “vuoi essere sexy anche in sedia e rotelle? Prova gli schemi di cucito degli australiani Fashion Freaks per realizzare gonne mozzafiato, giacche su misura, pantaloni che renderanno anche il dopo-cena una stuzzicante avventura”.
Oppure: “Ecco come selezionare e assumere l’assistente personale che fa per te!”. E ancora: “Disabili ed educazione sessuale, il prontuario per tutti”.
E poi ci scherzano, come fa il grafico londinese Paté con le sue irriverenti immagini sulla sessualità dei disabili, si stuzzicano, parlano di democratici sex toys “per tutti”, guidandoti alla scelta degli strumenti di piacere e di come prevenire le malattie sessualmente trasmesse. Perché si, anche loro – ma non più degli altri – possono essere contagiati. E hanno bisogno di protezioni come gli altri.
“Dalla A alla Z del sesso e della disabilità”: l’irriverente alfabeto del grafico londinese Paul Pateman, altrimenti noto come Pâté. Non avvistato in Italia
Dunque, dove sta la differenza?
Praticamente ovunque, ma fondamentalmente nel fatto che altrove (Germania, Svezia, Australia, Inghilterra, Svizzera, Stati Uniti ecc.) è maturata una consapevolezza che in Italia non esiste. Ed è anche questo il motivo per cui all’estero i disabili si sposano, hanno figli, fanno attività fisica molto più che da noi.
Perché all’Italia manca questa parola magica? Per un motivo semplice: se non esiste una educazione sessuale obbligatoria né facoltativa, né a scuola né altrove, come è possibile credere che esista qualcuno in grado di educare i disabili ad una sessualità protetta e consapevole e i non disabili a vivere con loro avventure sane e senza pregiudizi?
Disabili ed educazione sessuale: gli strafalcioni tipici dei familiari
Che si tratti di un nipote affetto da disabilità fisica o intellettiva, di un figlio a cui manca la vista o l’uso di un arto o di un fratello affetto da autismo o sindrome di Down, la prospettiva di genitori e parenti più stretti cambia di poco.
Inondati di informazioni mediche da memorizzare e protocolli clinici da rispettare, i genitori seguono, inconsapevolmente, una di queste due strade: o ignorano l’esistenza di una sessualità nei figli disabili (come del resto fa chiunque non abbia esperienza diretta della disabilità) o al contrario “sessualizzano” ogni loro iniziativa, fino a considerarli iperattivi e incontrollabili. Angeli o satiri, casti o perversi, affamati di sesso o completamente indifferenti: insomma, sessualmente squilibrati e proprio per questo in dovere di essere “accompagnati” anche al piacere.
I genitori, praticamente tutti, iniziano a confondere le idee al disabile, sin da piccolo. Quando intorno ai tre anni iniziano a vietargli i giochi genitali, li mandano in confusione cognitiva, comunicando loro nella pratica che la sessualità è una cosa negativa (“metti giù”), sporca (“lavati le mani”), vietata. Se vissuto da un autosufficiente, questo trauma sarà tranquillamente superato nell’adolescenza, al momento delle prime trasgressioni. Ma un disabile, per il fatto che nessuno ha mai detto a sua madre e a suo padre di non fare così, resterà segnato probabilmente per sempre.
Disabili ed educazione sessuale: facciamo un quiz?
Facciamo un altro test, per capire quanto in media il tema che stiamo affrontando ti sia congeniale. Annota un foglio i SI e i N0 ad ogni risposta.
- È vero che una buona percentuale di disabilità impatta sulla fertilità e dunque sulla possibilità di avere figli?
- Giudichi favorevolmente i lovegiver (gli assistenti sessuali) italiani?
- Per istinto sei portato a credere che i disabili siano tutti eterosessuali?
- Esistono contraccettivi studiati per i disabili?
- Sono in commercio sex toys per disabili?
Beh, se avete risposto si a tutte le domande, iniziate a rivedere le vostre conoscenze in merito al tema sessualità e disabilità. È davvero necessario un ripasso!
In primo luogo, sappi che la gran parte delle disabilità, sia fisiche e intellettive, non ha impatti sulla fertilità. Anche chi ha una lesione al midollo spinale può far sesso e avere figli! In secondo luogo perché…. per quanto tu sia stato buonista, devi sapere che in Italia i lovegiver non esistono, sono vietati dalla legge! Non esistono nemmeno contraccettivi studiati per i portatori di disabilità, né sex toys (se non prototipi pensati più per attirare l’attenzione che per effettiva necessità di strumenti ad hoc).
Convinto ora che servirebbe qualche lezione di educazione sessuale in più anche a te?